
Antonia Brancati è una figlia d’arte dall’ottimo pedigree: la madre è l’attrice Anna Proclemer e il padre lo scrittore Vitaliano Brancati.
Dopo aver lavorato per anni in teatro, sopra e attorno al palcoscenico, nel 1991 inizia la carriera di Concessionaria teatrale.
Nel 1993, dopo aver...
Read moreBiography - Antonia Brancati
Antonia Brancati è una figlia d’arte dall’ottimo pedigree: la madre è l’attrice Anna Proclemer e il padre lo scrittore Vitaliano Brancati.
Dopo aver lavorato per anni in teatro, sopra e attorno al palcoscenico, nel 1991 inizia la carriera di Concessionaria teatrale.
Nel 1993, dopo aver partecipato a un seminario sulla drammaturgia promosso dal Teatro Stabile di Roma, docente Mario Prosperi, scrive la sua prima commedia: Preoccupazione per Lalla, che verrà rappresentata al teatro Politecnico di Roma in quello stesso anno, e di nuovo nel 1995, sia al Politecnico che al Teatro della Cometa di Roma, ed in seguito pubblicata su Ridotto nel 2008.
Nel 1997 fonda una sua agenzia per la compravendita di diritti teatrali. Continua a tradurre e a scrivere per il teatro.
AMORE DANNOSO
Un amore malato può distruggere chi ama. E’ quello che succede a Matteo Fontana dal momento in cui rimane coinvolto con l’enigmatica Dolores Infante.
Matteo Fontana è un cinquantacinquenne industriale dei pellami veronese che sta ingrandendo la sua azienda, facendola passare dal campo degli accessori alla moda tout-court.
All’apertura del sipario tutto è già accaduto: vediamo Matteo riemergere lentamente dal suo crollo nervoso La storia ci viene raccontata in flash-backs, collegati dai racconti dell’uno o dell’altro personaggio, per farci conoscere i vari punti di vista.
Solo un personaggio agisce e non parla (anche se è il perno della nostra storia e di lei si parlerà molto): Dolores Infante, la nostra tentatrice, l’oscuro oggetto del desiderio di Matteo, quella che farà di lui un burattino.
Matteo riuscirà a riprendersi e guarire raccontando la sua storia.
Molto liberamente ispirato al romanzo di Pierre Louÿs ”La Femme et le Pantin” , L’AMORE DANNOSO ha vinto la XVII edizione del Premio Calcante. Col titolo “A Fekete Özvegy” aprirà la prossima stagione autunnale dello Spirit Theatre di Budapest, e verrà rappresentato nello stesso periodo anche ad Atene, mentre ci sono già delle trattative per rappresentarlo in Germania.
LILITH
Monologo scritto per la rassegna Elena e Le Altre della Compagnia Il Carro dell’Orsa.
Non so se conoscete il mito di ? In breve: dall’argilla, Dio creò Adamo e Lilith. Lilith non voleva sottostare all’autorità di Adamo: sedusse Dio, e si fece rivelare il Suo nome ineffabile, urlando il quale fuggì in volo dal giardino dell’Eden.
Andò a vivere in una grotta del deserto – dalle parti del Mar Rosso. Si accoppiò coi demoni che ivi vivevano, e mise al mondo un’infinità di nuovi demoni.
Adamo, che si sentiva solo, chiese a Dio di ricondurla da lui, e Dio mandò tre dei suoi angeli da Lilith, ordinandole di ritornare all’Eden – ma Lilith si rifiutò. I tre angeli minacciarono di sterminare tutti i suoi figli per punirla, e Lilith, dal canto suo, giurò un odio mortale ai figli degli uomini.
Quando infine tornò dalle parti dell’Eden, scoprì che Dio aveva diviso in due sessi il corpo di Adamo. Lei lo violentò nel sonno, rubando il suo seme per poter mettere al mondo nuovi demoni.
C’è chi dice che Lilith fosse la madre di Caino. C’è anche chi dice che Lilith tornò nell’Eden come il serpente che convinse Eva a mangiare il frutto dell’albero proibito.
Identificata anche con la Luna Nera, a Lilith si ascrivono le morti insiegabili dei bambini e le polluzioni notturne dei maschi. Impura, lussuriosa, malvagia, maga maliarda – Lilith rappresenta il lato oscuro della carica erotica.
La mia Lilith: è una scrittrice che accoglie i visitatori nel suo studio ai margini del deserto. E’ cortese, ma non troppo cordiale, mentre li ringrazia di essere andati fin lì a raccogliere una sua “dichiarazione spontanea”.
Lilith è sospettata di aver ucciso i figli di Eva, e forse anche Eva stessa. Eva è scomparsa insieme ai figli, ma solo i cadaverini di questi ultimi sono stati trovati in una discarica – di Eva non si hanno più tracce.
Prove materiali della colpevolezza di Lilith non ce ne sono: i sospetti sono dovuti soltanto alla sua pessima fama, ovvero ai racconti che per anni Eva ha narrato su di lei… ma i racconti di Eva risentono della Parola dicui Adamo si è impossessato, usandola come arma per imporre agli altri la sua visione del mondo. Secondo questa parola, Lilith non può essere altro che colpevole… ma sono possibili altri termini per raccontare la sua storia?
Lilith ci prova, trasformando radicalmente l’immagine convenzionale che Eva ha dato di lei. Ma allora, che fine ha fatto Eva?, e chi ha ucciso i suoi bambini?
BELLO E IMPOSSIBILE
Monologo scritto per la rassegna Lo Specchio di Narciso – la figura maschile tra mito e contemporaneità, per la Compagnia Il Carro dell’Orsa. Bello e impossibile è proprio Narciso.
Una delle leggende che lo riguardano ci dice che aveva una gemella che morì. Specchiandosi nel fiume, gli parve di rivedere il volto della gemella, e per raggiungerla gli capitò di annegare…
Naturalmente la mia interpretazione è un po’ diversa. Per il mio Narciso mi sono rifatta al mito e al Dorian Gray di Wilde, ma poi la mia storia rivisita anche la storia della gemella di Narciso, e infatti lui racconta:
“…Un giorno, poco tempo fa – mi accadde una cosa preoccupante: passavo di fianco a una vetrina, guardai dentro… e mi vidi – ero io – ma vecchio, il mio volto segnato dal pensiero, solcato dalla vita, inciso dalle passioni… Poi quell’immagine di me scomparve. Mi chinai su uno specchietto retrovisore di una macchina – e mi rincuorai: ero sempre lo stesso; bello, levigato e giovane… Non ci pensai più, fino a che… mi rividi, vecchio e sorridente, allontanarmi sul finestrino di un autobus… e un’altra volta ancora, sulla finestra di una casa – vecchissimo, coi capelli lunghi e bianchi, chino su un libro…
Finalmente, un giorno, mi ritrovai faccia a faccia con quell’immagine di vecchio sorridente… e fra noi non vi erano specchi, schermi, superfici riflettenti, pozze d’acqua… No: io – giovane e liscio e snello e bello – mi trovai all’improvviso davanti, in un giardino, me – vecchio, seduto tranquillo su una panchina, con indosso un vecchio caftano a fiori a nascondere la mia grassezza… “Ciao, Narciso!” – mi disse il vecchio. E, visto il mio sguardo stupito, continuò: “Non avrei potuto non riconoscerti, Narciso: ho avuto il tuo stesso aspetto –oh, molto tempo fa…”
… e l’incontro con la gemella creduta morta porterà a un tragico finale.
SAFARI
Questo testo è stato scelto per promuovere la prevenzione la cura e la lotta contro il tumore mammario. Lo spettacolo ha debuttato a Roma, in prima nazionale al teatro Argentina, il 6 giugno 2003 nell’ambito di una serata speciale offerta dalla ANDOS per la solidarietà. E’ andato poi in Tournèe nelle principali città italiane ed è stato presentato a Parigi alla Comedie des Champs Eliseè all’interno della rassegna promossa dall’Ente Teatrale Italiano “Theatre des italiens”.
Cinque italiani in vacanza. Due coppie: Marco e Isabella, giovani trentenni – lui bello e tormentato, lei ossessionata da pratiche new-age e meditazioni trascendentali – e Giorgio e Silvia, più maturi – lei un ex-stella cinematografica, ancora bella e desiderosa di sedurre, lui un “commenda” ricco e poco incline a divertimenti vacanzieri. Con loro, una giovane donna, Anita, dall’aria apparentemente autonoma ed efficiente. Una vacanza iniziata all’insegna di aspettative da depliant pubblicitario delle agenzie turistiche: “Regalatevi un’avventura! visitate in jeep la savana africana!”.
Ma piuttosto che un viaggio avventuroso, ma tutto sommato comodo e sicuro, i nostri si ritrovano impantanati nel bel mezzo della savana, abbandonati dal loro conducente che si è dileguato in cerca di soccorsi, e circondati dalle bestie feroci, non più oggetto di stupefatta ammirazione dal riparo della jeep, ma pericolo reale e tangibile. Mentre cala la notte, e sempre più incerta appare la conclusione, i nostri non smettono di chiacchierare, di scherzare, di comportarsi come se si trovassero all’interno di un salotto borghese.Nel corso di questa interminabile giornata, dal finale “aperto”, le coppie si scompaginano e si ricreano in modi inaspettati, e i segreti di ognuno vengono impietosamente alla luce.
Il testo utilizza tutte le strutture tipiche della commedia – battute e situazioni fulminanti, continui piccoli colpi di scena – per creare una sottile e profonda trama di relazioni tra i personaggi. Lentamente, man mano che la consapevolezza della pericolosità della situazione si fa strada nelle coscienze, i personaggi calano la maschera e rivelano i loro sentimenti più autentici e le verità più nascoste. Il finale è volutamente lasciato aperto, non sappiamo cosa succederà ai cinque. Riusciranno a sopravvivere? O verranno divorati dai leoni che sul finale sembrano circondarli?
La scansione del tempo che passa, data dal caldo asfissiante, dal sole torrido dell’inizio, e dal freddo della notte, scandisce anche l’interminabile attesa dei personaggi, beckettianamente quotidiani. Riempiono il tempo con gesti superflui e ridicoli, nell’attesa di un qualcosa che, man mano che scorrono le ore, diventa sempre più misterioso. Il contrasto tra azioni apparentemente futili, leggere, e la natura, sempre meno benigna e sempre più minacciosa e ostile; tra una conversazione apparentemente sciocca, e il reale pericolo che incombe, rende il senso di inquietudine che attraversa in sottofondo il testo. Un’inquietudine che non è solo dettata dalle circostanze, oggettivamente scabrose, nelle quali il gruppo si trova, ma che sta come metafora di una più ampia inquietudine del vivere, spesso occultata nel quotidiano da atteggiamenti superficiali e vacui.
ULISSE (L'Ultimo Inganno)
Questo testo ha vinto il Primo Premio Donne e Teatro 2014 con la motivazione. “Segnato da un forte spirito democratico di smascheramento del potere e dell’ingiustizia da parte di un Ulisse moralmente e politicamente rinnovato dopo il rientro a Itaca, attiva una denuncia edificante del degrado storico, etico ed economico dei nostri tempi, alla ricerca di una dimensione umana primigenia improntata all’armonia universale.”
l sipario si apre e noi ci troviamo nel Regno di Itaca. Oggi. In quell’ universo parallelo (degli infiniti possibili) in cui il mondo di Omero si fonde con la nostra realtà. Sono passati circa due anni dal ritorno di ULISSE in patria, dopo la sua odissea.
(Il richiamo alla Grecia antica come culla dell’Occidente non è casuale, perché proprio dell’Occidente – e dei suoi valori culturali in svendita – si vuol trattare.)
Tre i personaggi: Ulisse, re di Itaca; Telemaco, suo figlio; Femio, un cantore a cui è stata tagliata la lingua.
Ulisse – lui lo conosciamo bene: eroe acheo, uomo dal multiforme ingegno, famoso per astuzia e intelligenza – e per i suoi inganni – nella nostra cultura rappresenta l’uomo affascinato dall’ignoto, sempre teso a “seguir virtute e canoscenza”, ma anche sempre dilaniato dalla nostalgia di casa.
E’ tornato ad Itaca, si è sbarazzato dei Proci che volevano usurpare il suo trono, ha ripreso il potere. Ma il mondo è “out of joint” – fuori dai cardini – e neanche Ulisse – forse – sa come raddrizzarlo.
I Principi, gli Industriali, i Sacerdoti – i Poteri che agiscono dietro le quinte – insistono perché nel suo prossimo discorso alla nazione lui parli della necessità di combattere contro gli stati canaglia – primo fra questi la Persia – che minacciano di invadere Itaca e di travolgere la civiltà occidentale.
Ma Ulisse è stanco di guerre, forse è depresso, forse è stato reso folle dalla passata odissea – o forse finge? (del resto lo ha fatto altre volte): si presterà a fare quanto gli è richiesto?
Chi desidera ardentemente che Ulisse regni secondo il volere dei Principi è Telemaco, che fa da tramite tra loro e il padre. E’ un giovane in cui la spavalderia si mescola con lo stress e nasconde un’ansia tenuta abilmente sotto controllo, ma che si rivela a volte in certe azioni compulsive, come mettere in ordine anche dove non serve, o controllare più volte l’orologio.
Femio, il nostro terzo personaggio, è un uomo piuttosto anziano, ma compatto: ha l’aspetto di un ex-danzatore e conserva ancora una notevole agilità. Era un cantore famoso, ma poiché i suoi canti non piacevano al potere costituito, gli è stata tagliata la lingua. “Voleva risvegliare le coscienze – lui, un menestrello – pensava gli fosse permesso di blaterare qualsiasi verità.” Secondo Telemaco non c’è da stupirsi se l’hanno punito in quel modo: era una grandissima seccatura! Ma Femio non ha bisogno della lingua per farsi capire.
In realtà c’è anche un quarto personaggio – importantissimo – che però non compare mai in scena: è Penelope. Non compare perché non c’è: se n’è andata. Ma la sua assenza rende clamorose le sue ragioni.
PREFERIREI DI NO
Un rapporto tra madre e figlia, ma non un conflitto generazionale, quanto piuttosto un conflitto di idee, di moralità.
Teresa Fusi vive da sola, in un paese sperduto di campagna. E’ una giornata di maltempo, il telefono non funziona, la luce va e viene. Tutto sembra influire sull’umore di Teresa, una donna facile alle depressioni, che trova nel cucinare un modo per tenere a bada l’angoscia.
Le fa visita – inaspettata – Diana, che seguendo il consiglio del “curatore dell’immagine” del padre, candidato alla Presidenza del Consiglio, deve convincere la madre ad accettare di essere intervistata per contribuire alla creazione di una rassicurante immagine familiare del futuro presidente.
E’ da tempo che le due donne non si incontrano, tanto che all’inizio neanche si riconoscono. Teresa ha passato qualche tempo ricoverata in una casa di cura per malattie mentali, dopo aver sparato contro il marito – apparentemente per gelosia, ma in realtà per esasperazione, per disillusione. Diana è una vestale della carriera politica del padre.
Diana tenta di convincere la madre a prestarsi al gioco. Ma sotto l’apparenza della donna di campagna, Teresa si rivela colta, indipendente, senza peli sulla lingua, capace di una grande ironia ed introspezione. Il realismo pragmatico di Diana si scontrerà inutilmente contro l’idealismo reso incandescente dall’intelligenza della madre: Diana non riuscirà ad ottenere da Teresa ciò che era venuta a chiederle – ma fra le due donne si istaurerà una nuova comprensione che forse, in futuro, le porterà a ristabilire i rapporti.